Il messianismo e il vivere l’oggi, un bilancio per l'anno 2020

31.12.2020

di Nicola Sparvieri

La fine del 2020 ci stimola a fare dei bilanci in un anno così difficile per l'imprevedibile pandemia e le sue dimensioni planetarie.

Al di là di quanto duro sia stato il coinvolgimento di ciascuno penso si possa trarre comunque un insegnamento da considerare come bilancio attuale di questa esperienza.

Siamo portati, anche leggendo la stampa e il mood dei social, a pensare che l'atteggiamento generale sia quello di chi ha tenuto duro e che debba continuare a tenere duro perché adesso "qualcosa sta cambiando" perché il vaccino è finalmente arrivato e tra poco meno di un anno tutto potrebbe tornare come prima.

Non voglio entrare nel dibattito se questo sia vero oppure no, se il vaccino sia solo un vaccino che duri un anno, come i vaccini influenzali, o sia definitivo. Non è questo l'aspetto che voglio sottolineare.

Mi interessa invece prendere spunto da questo per considerare un atteggiamento esistenziale che abbiamo sempre avuto nei confronti delle difficoltà del vivere. E cioè, schematizzando, un atteggiamento tipo: "coraggio teniamo duro che quando sarà finita, tutto sarà facile e saremmo finalmente arrivati al nostro scopo".

Questo atteggiamento, spesso preso con sommaria valutazione dei fatti, coinvolge numerosissimi aspetti della nostra vita, non solo per questa pandemia. Pensiamo all'ossimoro di chi indugia in un atteggiamento di "temporaneità permanente", in attesa che la odiata situazione di vita cambi. Penso a chi aspetta una soglia di reddito predefinita per sposarsi o delle condizioni minime di vita per ritenersi finalmente soddisfatto ignorando quel brano così antico ma così attuale:

"Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?". E disse: "Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all'anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi". Lc 12,17.

Non parlo solo di una situazione di possesso di beni materiali, ma di beni in senso lato: mi riferisco a situazioni lavorative o di carriera, di affetti agognati e mai raggiunti. Parlo insomma di tutto il mitizzato e il trasformato da noi come in un "Messia" che aspettiamo e cui associamo finalmente la nostra felicità. "Aspettando Godot" cantava il grande Claudio Lolli.

Orbene è ora, e questo bilancio di anno 2020 ce ne offre l'occasione, di rifiutare questo messianismo psicologico che ci rende schiavi di idee che non esistono. Siamo chiamati a vivere la nostra situazione di oggi che, se vista bene, non è affatto così negativa solo perché ci manca qualcosa ritenuta indispensabile.

Siamo vivi e operanti e la percezione di questa realtà ci renderà liberi di godere pienamente della consapevolezza di quello che stiamo vivendo e non è poco. Dobbiamo lottare sempre, è vero, lottare duramente per migliorarci. Ma questo vivere continuamente proiettati su una vita futuribile e felice non deve farci dimenticare che la soddisfazione la dobbiamo provare oggi nel "qui e ora".

Fermiamoci un attimo oggi, alla fine di questo 2020, e consideriamo chi siamo. Il Messia è già arrivato, non dobbiamo aspettarne un altro. Abbiamo tutte le possibilità di affrontare la situazione "oggi" e di essere soddisfatti "oggi". Non dobbiamo farci rubare da nessuno questo stato di consapevolezza, pur continuando a sperare e lottare duramente per il nostro futuro migliore.

Buon 2021 a tutti !!