Il femminismo di Caterina Sforza

23.11.2019

di Nicola Sparvieri

Poco più di Cinquecento anni fa viveva e operava in Italia una donna, di nome Caterina, nata dalla nobile famiglia Sforza. Il padre, Galeazzo Sforza, era Duca di Milano e Caterina visse la sua infanzia nella raffinata corte del padre in quel contesto di intrighi politici e cospirazioni che erano frequenti in quell'epoca e che, poco tempo dopo, Macchiavelli analizzò e discusse in dettaglio. Caterina visse nel periodo a cavallo tra il Secolo XV e il XVI (nacque a Milano nel 1463 e morì a Firenze nel 1509) quando in tutta Europa, ma in particolare in Italia, fioriva l'Umanesimo e il Rinascimento con tutte le sue innovazioni, artistiche e scientifiche, ma soprattutto nei cambiamenti di mentalità e di costume.

Caterina era dotata di eccezionali doti naturali che la rendevano veramente unica. Oltre alla sua conclamata Bellezza Fisica e al suo Fascino Femminile (due caratteristiche molto diverse tra loro), era dotata di una grande Intelligenza e Cultura. Ad esempio ella fu famosa anche per essersi dedicata allo studio dell'alchimia e della cosmesi realizzando delle pomate di bellezza famose sia nella sua epoca che nei secoli successivi.

Ma quello che la rendeva particolare era quella affinità con l'uso delle armi che la fa simile ad altre eroine del passato come Giovanna D'Arco o al Mito delle Amazzoni, le donne guerriere per eccellenza. Caterina infatti aveva una grande fisicità che le permetteva di imbracciare le armi e passare al comando di un esercito per riconquistare o difendere un suo possedimento o un suo interesse strategico, qualora questi risultassero minacciati da qualcuno. Ma non è tutto: ella era anche in grado di agire seguendo un suo autonomo disegno strategico che la rendeva capace di gestire e governare e non essere solo un mero esecutore di ordini.

La figura di questa Donna straordinaria ci offre un pretesto per poter considerare le funzioni e il ruolo delle Donne nella Società di allora e di oggi. Una Donna Guerriera, come Caterina, era di per sé qualcosa di profondamente diverso da quello che la Donna era in quell'epoca. Essere dei guerrieri era prerogativa prettamente maschile e, in questo, Caterina Sforza stravolge una consuetudine e prende, in alcuni episodi della sua vita, un ruolo maschile, interpretandolo per giunta con grande efficacia, scatenando sconcerto e sorpresa ma anche ammirazione e odio reazionario come quello che ebbe Cesare Borgia che, dopo averla sconfitta nell'assedio della fortezza di Ravaldino a Forlì, la umiliò imprigionandola e torturandola nel Castel Sant'Angelo prima di rilasciarla a Firenze dove visse, sola coi suoi figli, la parte finale della sua vita.

Ma il femminismo di Caterina Sforza non era fondato solamente nell'aver interpretato quel ruolo di guerriero così inarrivabile per la maggior parte delle Donne del suo tempo e innalzato la sua dignità fino a quella di un uomo. Caterina seppe anche essere profondamente femminile nell'essere madre amorevole di otto figli avuti con tre diversi mariti e educatrice attenta e amorevole di questi figli uno dei quali fu quel Giovanni dalle Bande Nere che Macchiavelli riteneva essere l'unico condottiero italiano capace di difendere l'Italia dalla discesa di Carlo V.

Caterina amò appassionatamente i suoi tre mariti e fu tre volte vedova di mariti assassinati. Non si perse mai d'animo e lottò caparbiamente contro tutte le avversità fino alla sua morte che arrivò quando lei aveva solo quarantasei anni. Caterina Sforza è stata soggetto di varie opere teatrali e di film, uno dei quali interpretato da Virna Lisi nel 1959. Nell'aneddotica che la riguarda c'è anche un episodio interessante proprio sulla sua spiccata femminilità raccontato in un libro a lei dedicato (N. Graziani e G. Venturelli, Caterina Sforza, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2001, p.108). Si racconta che quando si trovava sugli spalti della Rocca di Ravaldino a Forlì assediata dai congiurati che avevano appena ucciso il suo primo marito e fatti prigionieri i suoi figli, Caterina avrebbe risposto a chi minacciava di ucciderle i figli: «Fatelo pure se volete, impiccateli pure davanti a me e, sollevandosi le gonne e mostrando con la mano il pube disse: qui ho quanto basta per farne altri!».

Oltre al cinismo o al rischio calcolato sul destino dei suoi figli, su questo aneddoto possiamo anche notare un "femminismo femminile" forse diverso da quel femminismo cui ci stiamo abituando nella nostra Società di oggi che si basa sulla "parità di genere" (almeno nella cosiddetta seconda ondata femminista) che a volte confonde la sacrosanta "parità di diritti" con il raggiungimento paritario delle funzioni tradizionalmente maschili da parte della Donna. E questo è qualcosa di radicalmente diverso.

Una cosa è infatti dire che Donna e Uomo hanno uguali diritti nello svolgimento delle loro funzioni tradizionali e altro è dire che, per effetto del femminismo, i ruoli e le funzionalità della Donna possono essere quelle di un Uomo. Risulta che, nella famiglia e nei posti di lavoro, la Donna somiglia più a un "uomo travestito" che ne incarna tutti ruoli perdendo molte delle caratteristiche femminili e producendo confusione anche nei maschi che non riconoscono più la Donna come femmina e non sanno più bene neanche il loro nuovo ruolo quale debba essere.

Si potrebbe obiettare che se si conservassero i ruoli tradizionali non si arriverebbe mai ai sacrosanti "pari diritti" perché ci sarebbe sempre un ruolo leader dell'Uomo rispetto a quello della Donna. Ma questo è totalmente assurdo perché significherebbe che chi ha un ruolo di responsabilità ha più diritti di uno che ricopre un ruolo subalterno. È come se si dicesse che un Generale ha più diritti di un Capitano mentre ha semplicemente più responsabilità ma stessi diritti. La struttura di qualsiasi organizzazione, come quella di un organismo vivente, è basata su diverse funzioni che ciascun elemento svolge autonomamente con uguali diritti e ciascuno al suo posto con la sua funzione. Quando vengono stravolte le funzioni di ciascuno l'organismo nel suo complesso non può più funzionare correttamente ma solo in modo imperfetto e forse è proprio quello che sta accadendo.

La figura di Caterina Sforza, oltre che emozionare e affascinare, forse potrebbe anche ispirarci un comportamento che rivendichi il giusto affrancarsi della Donna dal potere dell'Uomo ma che anche ispiri a cercare un ruolo per la Donna che ne perpetui tutta la sua meravigliosa femminilità senza stravolgimenti di genere.